The international debate on October 7 continues to be addressed as if it were an isolated event, while the legal reality is far more complex. The Israeli-Palestinian conflict has deep roots that go back to the persistent denial of the Palestinian people’s right to establish an independent State alongside Israel. From this absence arises a long chain of violations documented by authoritative and independent sources.
Organizations such as Amnesty International, Human Rights Watch, B’Tselem, as well as reports from the United Nations and multilateral institutions like the FAO and UNRWA, have denounced over the years practices that violate international humanitarian law. These include the use of hunger as a weapon of war through deliberate restrictions on access to food, water and electricity; the administrative detention of thousands without trial in breach of the International Covenant on Civil and Political Rights; the bombing of schools, hospitals, humanitarian convoys and places of worship in violation of the Geneva Conventions; and the systematic confiscation of land and resources that obstructs the right to self-determination enshrined in the UN Charter.
International law clearly states that an occupation cannot be transformed into annexation, that civilian populations must be protected and not subjected to collective punishment, and that rulings of the International Court of Justice and resolutions of the UN Security Council are binding on all member States. Ignoring these principles empties the entire multilateral system built after World War II of its meaning.
The WOS-IPSP reaffirms that denouncing violations of international law does not amount to antisemitism but represents an act of justice and consistency with universal values. States are under the obligation to suspend all forms of cooperation that sustain occupation, blockades and mass violence, and only the full recognition of the rights of the Palestinian people can open the way to a just and lasting peace.
Just yesterday, the United Kingdom, Canada and Australia officially recognized the State of Palestine, a historic turning point that confirms the need to interpret events not through the lens of propaganda but in the light of international law.
October 7 cannot be understood without looking at the broader legal framework. A State that defines itself as democratic cannot act in derogation of international law nor invoke the concept of self-defense to justify collective punishment.
The WOS-IPSP will continue to call on Governments, Parliaments and international institutions to uphold their responsibilities, because silence is not neutrality but complicity.
Italian
Il 7 ottobre e la responsabilità internazionale: Regno Unito, Canada e Australia riconoscono la Palestina
Il dibattito internazionale sul 7 ottobre continua a essere affrontato come un evento isolato mentre la realtà giuridica è ben più complessa. Il conflitto israelo-palestinese ha radici profonde che risalgono al mancato riconoscimento del diritto del popolo palestinese a costituire uno Stato indipendente accanto a quello israeliano. Da questa assenza nasce una lunga catena di violazioni documentate da fonti autorevoli e indipendenti.
Organizzazioni come Amnesty International, Human Rights Watch, B’Tselem, oltre a rapporti delle Nazioni Unite e a istituzioni multilaterali come la FAO e l’UNRWA, hanno denunciato negli anni pratiche lesive del diritto internazionale umanitario, tra cui l’uso della fame come strumento di guerra con restrizioni deliberate all’accesso a cibo, acqua ed elettricità; le detenzioni amministrative di migliaia di persone senza processo in contrasto con i principi della Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici; i bombardamenti su scuole, ospedali, convogli umanitari e luoghi di culto in violazione delle Convenzioni di Ginevra; e la confisca sistematica di terre e risorse che ostacola il diritto all’autodeterminazione sancito dalla Carta delle Nazioni Unite.
Il diritto internazionale stabilisce chiaramente che un’occupazione non può trasformarsi in annessione, che la popolazione civile deve essere protetta e non punita collettivamente e che le sentenze della Corte Internazionale di Giustizia e le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza ONU sono vincolanti per tutti gli Stati membri. Ignorare questi principi significa svuotare di senso l’intero sistema multilaterale costruito dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Il WOS-IPSP ribadisce che denunciare violazioni del diritto internazionale non equivale ad antisemitismo, ma rappresenta un atto di giustizia e coerenza con i valori universali. Gli Stati hanno l’obbligo di sospendere ogni forma di cooperazione che sostenga occupazione, blocchi e violenze di massa, e solo il riconoscimento pieno dei diritti del popolo palestinese può aprire la strada a una pace giusta e duratura.
Proprio ieri, Regno Unito, Canada e Australia hanno ufficialmente riconosciuto lo Stato di Palestina, un atto che segna una svolta storica e che conferma la necessità di leggere gli eventi non con la lente della propaganda ma alla luce del diritto internazionale.
Il 7 ottobre non può essere compreso senza guardare al quadro giuridico complessivo. Uno Stato che si definisce democratico non può agire in deroga al diritto internazionale né può invocare il concetto di difesa per giustificare punizioni collettive.
Il WOS-IPSP continuerà a richiamare Governi, Parlamenti e istituzioni internazionali alla loro responsabilità, perché il silenzio non è neutralità ma complicità.