By Senator Andrea Busin, formerly Advisor to the Minister of Fisheries of the Italian Republic.
Fish consumption, long regarded as one of the cornerstones of a healthy and balanced diet, is experiencing a worrying decline in several European countries. Italy still maintains an average of around 31 kilograms per capita per year, but data from Spain and other Mediterranean nations reveal a more troubling reality.
In Spain, per capita fish consumption has fallen dramatically: from 40 kilograms in 2000 to 27 in 2022, and down to an estimated 23.3 kilograms in 2025. This sharp drop has placed the national fishing industry under pressure and has raised concerns within the government, which has launched awareness campaigns to promote the health benefits of fish as a key element of the Mediterranean diet. Yet, results have been slow to materialize.
The reasons are multiple. Changing lifestyles have reduced the time families dedicate to cooking, pushing many towards ready-made or frozen foods. At the same time, communication about the benefits of fish has often been weak or confusing, leaving room for low-quality products to flood the market: precooked or thawed shrimp often farmed in freshwater, or Indo-Pacific tuna steaks with little flavor and far removed from our prized bluefin or yellowfin tuna.
Another critical issue lies in the large-scale retail sector, which often pushes consumers towards cheap, low-quality products. One striking example is pangasius, a farmed fish that contains no omega-3 and is even treated with pink coloring to make it appear more appealing. This paradox undermines Mediterranean food culture and misleads consumers into believing they are making a healthy choice when, in fact, they are not.
As a result, consumers are increasingly guided by price alone, while quality, nutritional value, and origin are sidelined.
Portugal remains the exception. With over 53 kilograms per capita annually, it is Europe’s largest fish consumer and among the top in the world. Its strong maritime tradition, long Atlantic coastline, and food culture have made fish an irreplaceable element of the Portuguese table. Yet even here, as across the Mediterranean, the sector feels the strain of resource depletion and rising prices, worsened by European regulations often perceived as inadequate or unfair.
Buying fresh fish is becoming a luxury, and this is a warning sign that should concern not only national governments but the entire European Union. Declining consumption is not just an economic problem for the fishing sector; it directly affects public health. Less fish means less access to high-quality protein, omega-3 fatty acids, and essential nutrients.
A new approach is urgently needed. Clear, transparent, and convincing communication must highlight the benefits of consuming quality fish on a regular basis. Citizens should be educated to read labels, to distinguish species, and to understand the difference between industrial products and the fruits of sustainable fishing. At the same time, fishermen and local supply chains must be protected, as they safeguard ancient traditions and provide authentic products.
The World Organization of States – International Parliament for Safety and Peace calls on governments, European institutions, and international organizations to act decisively. This is not only about saving an economic sector, but about protecting people’s health, preserving Mediterranean food culture, and safeguarding the environmental balance of our seas.
Fish should not be considered a luxury: it is an essential part of a heritage we risk losing.
Italian
A cura del Senatore Andrea Busin, già Consigliere del Ministro della Pesca della Repubblica Italiana.
La crisi del consumo di pesce in Europa: un segnale preoccupante per la salute e l’economia
Il consumo di pesce, da sempre considerato una delle basi di una dieta sana ed equilibrata, sta vivendo un periodo di forte contrazione in diversi Paesi europei. L’Italia mantiene una media di circa 31 chilogrammi pro capite all’anno, ma i dati provenienti dalla Spagna e da altre aree del Mediterraneo raccontano una realtà più complessa e allarmante.
In Spagna, il consumo medio di pesce pro capite è calato drasticamente: dai 40 chilogrammi del 2000 si è passati a 27 nel 2022, fino ad arrivare ai 23,3 chilogrammi stimati nel 2025. Questo crollo ha messo in difficoltà l’industria ittica nazionale e preoccupa il governo, che ha avviato campagne di sensibilizzazione per promuovere i benefici del pesce come alimento fondamentale nella dieta mediterranea. Tuttavia, i risultati tardano ad arrivare.
Le cause sono molteplici. Da un lato, il cambiamento degli stili di vita ha ridotto il tempo che le famiglie dedicano alla cucina, spingendo molti verso alimenti pronti o surgelati. Dall’altro, la comunicazione sui vantaggi del pesce è stata spesso debole o confusa, lasciando spazio a prodotti di scarsa qualità che invadono il mercato: gamberi precotti e decongelati, spesso allevati in acqua dolce, tranci di tonno indo-pacifico privi di sapore e lontani anni luce dal nostro tonno rosso o pinna gialla.
Un ulteriore aspetto critico riguarda la grande distribuzione, che spesso orienta il consumatore verso prodotti economici e di scarsa qualità. È il caso del pangasio, un pesce di allevamento che non contiene omega 3 e che per apparire più invitante viene addirittura trattato con coloranti rosa. Un paradosso che svilisce la cultura gastronomica del Mediterraneo e disorienta il consumatore, inducendolo a credere di compiere una scelta sana quando in realtà non lo è.
In questo scenario, la percezione del consumatore viene distorta: il prezzo diventa l’unico parametro di scelta, mentre la qualità, il valore nutrizionale e la provenienza restano in secondo piano.
Il Portogallo rappresenta l’eccezione. Con oltre 53 chilogrammi pro capite all’anno, rimane il più grande consumatore europeo e uno dei primi al mondo. La sua lunga tradizione marittima, la vicinanza dell’oceano e la cultura gastronomica hanno reso il pesce un elemento irrinunciabile della tavola portoghese. Eppure anche qui, come in tutto il Mediterraneo, si sente il peso della crisi delle risorse ittiche e dell’aumento dei prezzi, fenomeni aggravati da regolamentazioni europee spesso percepite come inadeguate o penalizzanti.
Comprare pesce fresco sta diventando un lusso, e questo è un segnale che dovrebbe far riflettere non solo le autorità nazionali ma l’intera Unione Europea. La diminuzione dei consumi non riguarda soltanto l’economia del settore, ma tocca direttamente la salute pubblica: meno pesce significa meno accesso a proteine nobili, omega-3 e nutrienti essenziali.
Occorre un nuovo approccio. Serve una comunicazione chiara, trasparente e convincente sui benefici di un consumo regolare di pesce di qualità. Bisogna educare i cittadini a leggere le etichette, a distinguere le specie e a comprendere la differenza tra prodotti industriali e il frutto della pesca sostenibile. Al tempo stesso, occorre tutelare i pescatori e le filiere locali, che custodiscono tradizioni millenarie e garantiscono un prodotto autentico.
La World Organization of States – International Parliament for Safety and Peace richiama l’attenzione dei governi, delle istituzioni europee e delle organizzazioni internazionali a intervenire con decisione. Non si tratta soltanto di salvare un settore economico, ma di difendere la salute delle persone, la cultura alimentare mediterranea e l’equilibrio ambientale dei nostri mari.
Il pesce non è un lusso: è parte essenziale di un patrimonio che rischiamo di perdere.