by Amb. Alfredo Maiolese
Secretary-General of WOS–IPSP

In these months, marked by the increase of wars and conflicts, I find myself reflecting insistently on the role of diplomacy. There are timid signs of reconciliation between the parties, but they vanish like a flash.

As Secretary-General, my guiding light remains international law: not as an abstract theory, but as a concrete foundation to ensure peace and stability. It was born from the sacrifice of millions who paid with their lives for the mistakes of the past. Its fundamental principles are clear: the prohibition of the use of force enshrined in the Charter of the United Nations, the protection of civilians established by the Geneva Conventions, the equality and dignity of every human being proclaimed by the Universal Declaration of Human Rights, and finally, the principle of the sovereign equality of States, which prevents one nation from prevailing over another merely by virtue of its power.

Yet too often we go in circles, seeking analyses and complex studies, forgetting that the solution is already before our eyes: to apply the rules of international law. No new inventions are needed, but rather the political will to respect what was written to guarantee peace and justice. This shortsightedness, sometimes deliberate and sometimes induced, will be judged by History. It is a blindness that could be cured with a simple action: to take the book of international law from the shelves of institutions, open it, and put it into practice.

We cannot afford to repeat the mistakes of the past, when the stronger State prevailed over the weaker, trampling on justice and democracy. Today, unfortunately, we witness States imposing their will through weapons rather than sitting at a negotiating table. In diplomacy, however, a President representing a small State has no less importance than one who leads a great power. The true strength of diplomacy lies in mutual respect, in the given word, in commitments written in treaties.

The risk we are experiencing today is that some States apply the law only when it suits them, and ignore it when it is inconvenient. This leads to a dangerous authoritarian drift that threatens the global order. Peace, however, is not only a legal principle, but a moral duty that unites all the spiritual traditions of humanity. Every faith, in its essence, calls for justice, respect, and human dignity. It is this universal conscience that strengthens and gives life to international law.

For this reason, I appeal to Heads of State, Governments, and representatives of Nations: do not allow the force of arms to replace the force of law. Sit at the table, recognize one another as equals, respect the common rules.

God will judge and History will remember our generation not for its military power, but for its ability—or inability—to guarantee peace and justice.

International law remains the only true guide for stability and world peace. Applying it is a duty to ourselves, to the peoples we represent, and to future generations.

Italian

Diplomazia e diritto internazionale: la via necessaria alla pace

di Amb. Alfredo Maiolese
Segretario Generale del WOS–IPSP

In questi mesi, segnati dall’aumento di guerre e conflitti, mi trovo a riflettere con insistenza sul ruolo della diplomazia. Vi sono timidi accenni di riappacificazione tra le parti, che però svaniscono come un lampo.

In qualità di Segretario Generale, la mia guida rimane il diritto internazionale: non come teoria astratta, ma come fondamento concreto per garantire pace e stabilità. Esso nasce dal sacrificio di milioni di persone che hanno pagato con la vita gli errori del passato. I suoi principi fondamentali sono chiari: il divieto dell’uso della forza sancito dalla Carta delle Nazioni Unite, la protezione dei civili stabilita dalle Convenzioni di Ginevra, l’uguaglianza e la dignità di ogni essere umano proclamate dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e, infine, il principio di uguaglianza sovrana tra gli Stati, che impedisce a una nazione di prevalere sull’altra soltanto in virtù della sua potenza.

Eppure, troppo spesso giriamo a vuoto, cercando analisi e studi complessi, dimenticando che la soluzione è già sotto i nostri occhi: applicare le norme del diritto internazionale. Non servono invenzioni nuove, ma la volontà politica di rispettare ciò che è stato scritto per garantire pace e giustizia. Questa miopia, a volte voluta, a volte indotta, sarà giudicata dalla Storia. È una cecità che si potrebbe curare con una semplice azione: prendere il libro del diritto internazionale dagli scaffali delle istituzioni, aprirlo e metterlo in pratica.

Non possiamo permetterci di ripetere gli errori del passato, quando lo Stato più forte prevaleva sul più debole, calpestando giustizia e democrazia. Oggi, purtroppo, assistiamo a Stati che impongono la propria legge con le armi, anziché sedersi a un tavolo di negoziato. In diplomazia, invece, un Presidente che rappresenta un piccolo Stato non ha minore importanza di chi guida una grande potenza. La vera forza della diplomazia è il rispetto reciproco, la parola data, l’impegno scritto nei trattati.

Il rischio che viviamo già oggi è che alcuni Stati applichino il diritto solo quando conviene loro, e lo ignorino quando è scomodo. Questo conduce a una deriva autoritaria pericolosa, che minaccia l’ordine mondiale. La pace, tuttavia, non è soltanto un principio giuridico, ma un dovere morale che accomuna tutte le tradizioni spirituali dell’umanità. Ogni fede, nella sua essenza, invita alla giustizia, al rispetto e alla dignità dell’essere umano. È questa coscienza universale che rafforza e rende vivo il diritto internazionale.

Per questo, rivolgo un appello ai Capi di Stato, ai Governi e ai rappresentanti delle Nazioni: non permettete che la forza delle armi sostituisca la forza del diritto. Sedetevi a un tavolo, riconoscetevi uguali, rispettate le regole comuni.

Dio giudicherà e la Storia ricorderà la nostra generazione non per la potenza militare, ma per la capacità o l’incapacità di garantire pace e giustizia.

Il diritto internazionale rimane l’unica vera guida per la stabilità e la pace mondiale. Applicarlo è un dovere verso noi stessi, verso i popoli che rappresentiamo e verso le future generazioni.