Giustizia e dignità umana nel contesto del conflitto israelo-palestinese
Intervista a Sua Eccellenza Ambasciatore at large Alfredo Maiolese – Segretario Generale del Parlamento Internazionale per la Sicurezza e la Pace (IPSP-WOS)
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Domanda 1 – Eccellenza, come valuta la situazione attuale nei territori palestinesi, in particolare a Gaza?
Risposta:
Stiamo assistendo a una catastrofe umanitaria sotto ogni punto di vista. I civili di Gaza sono sottoposti a un assedio devastante, a bombardamenti continui, e a una distruzione sistematica delle infrastrutture.
Il Parlamento Internazionale per la Sicurezza e la Pace, in quanto organismo fondato sui principi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale umanitario, ritiene che la protezione dei civili sia un dovere inderogabile.
Colpire bambini, famiglie, ospedali, scuole e abitazioni non può mai essere giustificato. La dignità dell’essere umano e il diritto alla vita non sono negoziabili.
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Domanda 2 – Come risponde all’accusa secondo cui Hamas si nasconde tra i civili e li usa come scudi umani?
Risposta:
Il diritto internazionale umanitario vieta categoricamente di attaccare aree civili, anche se si sospetta la presenza di combattenti.
La responsabilità ricade sempre su chi attacca: evitare danni ai civili e ridurre al minimo i rischi per la popolazione non coinvolta è un obbligo legale e morale.
Organizzazioni internazionali come Human Rights Watch e Amnesty International hanno raccolto prove schiaccianti sull’uso sproporzionato della forza da parte di Israele a Gaza, sollevando serie domande sul rispetto del principio di proporzionalità e sulla legittimità degli attacchi.
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Domanda 3 – Alcuni osservatori parlano di crimini di guerra, o addirittura di pulizia etnica. Cosa ne pensa?
Risposta:
Noi non pronunciamo giudizi affrettati, ma seguiamo con attenzione le indagini in corso e le prove disponibili.
Tuttavia, quando si assiste alla distruzione sistematica di ospedali, alla morte di civili innocenti, al taglio deliberato di acqua, cibo e medicinali, la comunità internazionale ha il dovere di alzare la voce.
La Corte Internazionale di Giustizia ha già avviato un procedimento ufficiale su richiesta del Sudafrica, che accusa Israele di violare la Convenzione per la prevenzione del genocidio.
Molti intellettuali ebrei e leader morali nel mondo hanno paragonato la situazione nei territori occupati a un regime di apartheid.
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Domanda 4 – Non teme che queste dichiarazioni possano essere strumentalizzate?
Risposta:
Parlo in veste ufficiale, come Segretario Generale di un’organizzazione intergovernativa riconosciuta. Non incito alla violenza, non attacco nessun popolo.
Al contrario, difendo le vittime, sostengo il primato della legge e invoco il rispetto della dignità umana per tutti, senza eccezioni.
Non siamo contrari all’esistenza dello Stato di Israele. Al contrario, crediamo nella necessità della convivenza pacifica tra due popoli e due Stati, su basi di giustizia, pari dignità e reciproco riconoscimento. Non attraverso l’imposizione o l’esclusione.
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Domanda 5 – Quale ruolo può svolgere la vostra organizzazione per contribuire alla pace futura?
Risposta:
Proponiamo un’iniziativa diplomatica basata sul principio del reciproco riconoscimento tra due Stati sovrani: Palestina e Israele.
Entrambe le nazioni devono poter vivere in sicurezza, entro confini rispettati e riconosciuti.
A tal fine, proponiamo la creazione di una forza multinazionale di peacekeeping, con il coinvolgimento delle Nazioni Unite, della Lega Araba e del Parlamento Internazionale per la Sicurezza e la Pace (IPSP-WOS), per proteggere i civili, garantire la stabilità delle frontiere e prevenire nuove violenze.
Accogliamo con favore la recente decisione di Spagna, Norvegia e Irlanda di riconoscere ufficialmente lo Stato di Palestina: un passo coraggioso verso la legalità internazionale e l’uguaglianza tra le nazioni.
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Domanda 6 – Molti parlano solo dell’attacco del 7-8 ottobre 2023 definendolo un atto terroristico, ma senza considerare il contesto più ampio. Come lo interpreta?
Risposta:
L’attacco del 7-8 ottobre non può essere compreso correttamente se non lo si colloca in un contesto storico di lunga durata, fatto di occupazione, umiliazione e abbandono.
Da un punto di vista psicologico e sociale, un essere umano che nasce e vive sotto assedio, assiste alla distruzione della propria casa, alla morte dei propri cari, e non vede alcuna speranza per il futuro, prima o poi arriva a un punto di rottura.
Non è una giustificazione della violenza, ma una chiamata a capirne le radici.
Quello che è accaduto non è stato improvviso. È stato il risultato di decenni di sofferenza, una reazione disperata all’ingiustizia, alla frustrazione e all’assenza di una soluzione politica credibile.
I giovani di Gaza non conoscono una vita normale: vivono senza acqua, elettricità, libertà di movimento, né prospettive. Crescono in una prigione a cielo aperto e ci si aspetta che restino pacifici in eterno.
Ignorare le cause profonde di questa esplosione significa condannare la pace al fallimento.
Ogni popolo ha il diritto di difendere la propria dignità. Nessuno può essere costretto a morire in silenzio.
L’occupazione continua, la discriminazione, le demolizioni di case, gli arresti arbitrari e il silenzio internazionale sono fattori che portano alla disperazione.
La pace non nasce dal silenzio, ma dalla verità. Solo la giustizia genera sicurezza.
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Conclusione dell’intervista:
Il dott. Alfredo Maiolese conclude con queste parole:
> “La pace non può essere costruita sull’occupazione o sulla forza militare. Solo la giustizia genera sicurezza, e il rispetto del diritto è la vera garanzia per il futuro. Invito tutte le parti a fermare l’escalation e ad avviare un dialogo serio che porti a una pace giusta, duratura e condivisa.”